Seleziona una pagina
120 min.
Passati
METAMORFOSI OVVERO RACCONTI DEL DIVENIRE
Sabato 28 Maggio ore 21:15

LETTURA SCENICA, MUSICA E DANZA LIBERAMENTE ISPIRATE AL POEMA DI OVIDIO

Da un’idea di Claudia Turroni

Voce narrante:​​​​​​Monica Briganti

Percussioni:​​​​​​Fiorenzo Mengozzi

Violino:​​​​​​Thomas Barbalonga

Adattamento e Regia: ​​​​​Claudia Turroni, ​​​​​​​Monica Briganti

Tecnico suono e luci:​​​​​Gionata Costa

Coreografie e Danza:​​​​​Claudia Turroni – Amira

Con la partecipazione delle danzatrici dell’Accademia di Danza del Ventre Amira Danza: Elena Ricci, Astrid Luttger, Luana Lazzari, Resi Botti, Alessandra Gagni, Nadia Khomenko, Ilaria Pagano, Magda Moscatelli, Giulietta Golinucci, Laura Sampaoli, Giulia Magnani, Valentina Mazzini

SPETTACOLO IN UN ATTO

Apollo e Dafne, Diana e Atteone, Narciso e Eco, Clizia e Apollo, Venere e Adone. Cinque miti che dall’antichità attraversano il confine del tempo per raccontare ciò che ne resta. Cinque tasselli di un unico mosaico in bilico tra memoria del mondo e ricordi perduti. In quest’epoca di pandemie e conflitti, una riflessione sul significato profondo dell’esistenza e del cambiamento che corre lungo il filo del poema ovidiano come un treno lanciato, nonostante tutto, verso un futuro di speranza e bellezza.

Mescolando linguaggi differenti – versi classici e prosa moderna – “Metamorfosi ovvero racconti del divenire” intreccia una tela sulla quale i colori abbaglianti della parola, della musica e della danza possono dipingere l’infinita suggestione della trasformazione, della vita, della morte, del dolore e, sopra ogni cosa, dell’amore che ci rende umani.

In una dimensione onirica e raccolta, la sapiente voce narrante di Monica Briganti, delicatamente accompagnata dalla musica dal vivo di Fiorenzo Mengozzi e Thomas Barbalonga, sconfina e si fonde con le sperimentazioni e la creatività di Claudia Turroni – Amira e del suo gruppo di appassionate danzatrici.

​​“Mentre cercava di sedare la sete, veniva preso da una nuova e diversa sete. ​​​Attratto dalla figura che vedeva riflessa, s’innamorava di una speranza senza corpo”